mercoledì 7 maggio 2014

La Pasqua, episodio sacro, simbolo iniziatico (parte 2)




Laddove, nei miti di Dioniso e Orfeo ma anche in quello di Osiride e diversi altri, sono le forze infere, titaniche a essere responsabili del sacrificio, nella tradizione indù sono, al contrario, i deva, corrispondenti alle forze angeliche, a sacrificare Purusha, l’Uomo Universale, da cui sono originati tutti gli esseri manifestati e di cui Sayidina Aissa (‘S), il Cristo, è il rappresentante per la tradizione cristiana. Secondo quest’ultima, infatti, è con il suo sacrificio che egli ha rinnovato la creazione, ovvero ha ricreato l’universo. Quella che può sembrare una contraddizione, lo scambio di ruolo, cioè, tra forze angeliche e infere, rientra perfettamente nella logica del simbolismo tradizionale, dove, a seconda della prospettiva, un simbolo può avere un duplice aspetto: in questo caso, la stessa funzione si presenta, a seconda del contesto, come distruttrice o generatrice. Lo abbiamo visto anche nel post precedente, a proposito del ruolo degli strumenti di tortura, che servono alla crocifissione. Dipende dall’angolo di visuale in cui ci si colloca e quello indù si pone a un livello più elevato degli altri sopra elencati, in quanto prende in considerazione direttamente la volontà divina, in base alla quale, nel mito di Purusha, l’Uomo Universale si sacrifica di sua propria iniziativa, con la complicità cosciente delle forze che, in realtà, da lui non sono distinte ma in lui sono contenute. Il sacrificio primordiale e atemporale di Purusha è lo stesso dell’Adam Qadmon nella tradizione ebraica, tradizione in cui la missione del Cristo era radicata, a motivo del suo ruolo di rinnovatore proprio di quest’ultima.
In alcune raffigurazioni sacre della crocifissione, la rosa che nasce dal sangue versato dal Cristo non si sostituisce allo stesso Cristo al centro della croce, come nel caso dell’emblema rosacrociano, ma fiorisce ai piedi del Legno. In altre parole, sboccia sulla sommità del monte Calvario, il cui nome sembra rimandare direttamente al teschio di Sayidina Adam (‘S), Adamo, raffigurato in altre immagini di questa natura. Si tratta di una tautologia frequente nell’ambito del simbolismo tradizionale. È nel sacrificio cristico, infatti, che viene rinnovato l’uomo vecchio, l’Adamo decaduto, di cui parla s. Paolo. Vi sono poi delle versioni, ricollegate al mito del Graal, in cui il sangue che stilla dalla ferita al costato del Cristo, inferta dalla lancia di Longino, è raccolto in un calice, da cui, peraltro, il simbolo del fiore non si discosta molto. Quest’altra prospettiva consente meglio di comprendere il ruolo di questo sangue versato, che non è infatti altro se non la rugiada celeste o bevanda di immortalità, che il Graal ha la funzione di conservare. D’altra parte, uno dei significati del Graal è anche quello di centro tradizionale che, proprio come un calice, svolge la funzione di deposito della dottrina sacra di una determinata tradizione.
Ora, il centro in questione, per gli ebrei e per i cristiani, è Gerusalemme, proprio la città dove si verifica l’episodio della crocifissione. È quindi Gerusalemme il centro, il Cuore del Mondo, per le tradizioni ebraica e cristiana, e colui che si insedia in questo punto centrale, di cui Gerusalemme è un simbolo - nel punto, cioè, in cui le condizioni che regolano la manifestazione terrestre si intersecano con l’asse che permette di ascendere agli stati superiori, fino all’identificazione con la propria essenza divina - ebbene costui è tale da divenire egli stesso Cuore, Centro del mondo e asse di risalita al Cielo, per coloro che ne riconoscono la funzione. È Gerusalemme stessa, come la terra desolata del re del Graal, a beneficiare della rugiada vivificatrice, rappresentata dal sangue del Cristo, tale da far guarire la ferita da cui lo stesso re era afflitto; altra immagine, come quella del teschio di Adamo, della condizione umana decaduta, dopo la cacciata dal Paradiso terrestre. Per tornare all’immagine del Cristo, Cuore del mondo, la ferita al costato è a volte sostituita dalla lettera ebraica iod origine di tutte le lettere dello stesso alfabeto ebraico, così come origine di tutti gli esseri manifestati è colui che, come lo stesso Cristo, ha riattualizzato nel mondo la presenza dell’Uomo Universale. È precisamente da questo punto principiale, all’interno del cuore, che scaturiscono il Sangue spirituale e l’Acqua della Vita, in grado di condurre alla resurrezione, intesa come compimento della Grande Opera alchemica. Concludiamo, infatti, con un’ultima immagine, quella che simboleggia il traguardo dell’Opera stessa ovvero la Pietra Filosofale: un triangolo rovesciato, sormontato da un croce. Considerando che il triangolo rovesciato è un’altra immagine tradizionale del cuore, quanto detto finora permette di trarre le debite conseguenze.

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